Pensiero Spirituale sulla differenza tra vivere con Dio e vivere senza

Cari amici,

spesso pensiamo che credere o no in Dio non comporti grandi differenze nella nostra vita. In realtà ne deriva una visione radicalmente diversa della vita, un stile diverso e delle differenze esistenziali fra loro opposte.

È importare evidenziare le conseguenze perché nel giro di qualche decennio e con molta disinvoltura la nuova generazione ha cambiato religione.

Se guardiamo alle generazioni passate, ai primi del novecento fino agli anni cinquanta, le vite erano impregnate di Dio. La vita era impostata come un pellegrinaggio verso l’eternità. La morte era vista in modo estremamente diverso dal giorno d’oggi, ovvero come un momento al quale prepararsi e per il quale essere sempre pronti con fiducia e abbandono. Chi moriva era accompagnato dai Sacramenti, oggi non è più così.

La diversità radicale rispetto alle generazioni passate è proprio nel modo di intendere la vita, ovvero come un impegno, una missione da realizzare, la risposta a una chiamata. Tutto questo comportava un atteggiamento esistenziale di responsabilità, oltre che degli obiettivi da raggiungere gradualmente seguendo degli indicatori di strada fondamentali, ovvero i Comandamenti. In caso di cadute poi, l’atteggiamento era costruttivo e il cammino ripartiva dal pentimento, dal perdono.

Ci siamo radicalmente allontanati da questo modo di intendere la vita. La visione della vita delle vecchie generazioni è anche quella di chi oggi ha conservato la fede.   

Dio Creatore ci ama, ci chiama, ci perdona e ci ha creati dal nulla, ci ha dato l’anima spirituale immortale, ci ha dato la grazia della redenzione, ci ha dato una missione da compiere ovvero cooperare con lui alla grande opera della creazione e della redenzione.

La Madonna ci chiama a essere testimoni della sua presenza, del suo amore, dell’eternità, dell’esistenza di Dio. La Madonna ci chiama a testimoniare la grandezza e la bellezza della vita, a testimoniare la speranza. Senza Dio, infatti, la vita ha come sbocco la disperazione perché altro non è che un avanzare verso il baratro della morte.

Nella luce della fede scopriamo invece la bellezza e la grandezza della vita. La vita è una missione piena di significato, interpella la nostra libertà, la nostra generosità, la nostra capacità di amare Dio sopra ogni cosa e di conseguenza gli altri.

Senza Dio la visione della vita è totalmente diversa e ha fatto diventare la nostra generazione pagana, talvolta aggressiva nel rifiutare la fede e la Croce. Non solo molti si sono scristianizzati, ma si sono anche infastiditi della fede cristiana e talvolta ne sono diventati persecutori.

Questo cambiamento radicale, ovvero il passaggio dalla fede all’ateismo, ha comportato un modo di vivere radicalmente diverso perché, venendo a mancare lo sbocco trascendente della vita, ne si perde il senso vero.

Benedetto XVI ha scritto una lettera intrisa di significato e di fede in cui racconta come sta vivendo l’ultima fase della sua vita davanti a Dio, ovvero nel santo timor di Dio, nell’atteggiamento penitenziale che tutti i cristiani dovrebbero avere e nel medesimo tempo di grande fiducia e abbandono nella Divina Misericordia.  Tutta la Chiesa, tutti i cristiani, dovrebbero prendere esempio da questa riflessione che il papa emerito ha fatto. È una lezione meravigliosa in un tempo in cui la gente muore senza Dio, senza preghiera, senza penitenza.

Dobbiamo tornare a questo: camminare lieti verso la casa di Dio, ma in ginocchio e con il cuore sinceramente pentito.

Da: “La lettura cristiana della cronaca e della storia”