Pensiero Spirituale sul mistero che è l’uomo

Cari amici,

secondo il pensiero unico ormai dilagante, l’uomo sarebbe ridotto a un elemento della materia che si evolve e pertanto apparterrebbe al genere animale e condividerebbe la sorte degli animali. Vivrebbe quindi nella materia e tornerebbe nella materia.

Questa sarebbe la vita umana: il fenomeno di una materia che si perpetua nel tempo e che si evolve secondo leggi molte volte casuali.

L’uomo è un mistero insondabile. Noi stessi siamo un mistero inspiegabile a noi stessi. Se è vero che Dio è un mistero è anche vero quello che si dice dell’uomo, che è immagine di Dio.

Anche ciò che di più bello ha creato la storia umana, soprattutto per quanto riguarda le religioni, le filosofie, le letterature, è stato finalizzato a esplorare questo mistero che noi siamo a noi stessi.

Quello che c’è di più interessate e gratificante nella nostra vita è proprio capire noi stessi, renderci comprensibili a noi stessi e nel medesimo tempo riuscire a capire gli altri nella loro profondità, nella loro ricchezza, nella loro inafferrabilità.

A differenza di un animale, del quale possiamo esplorare tutto, l’uomo è inesplorabile perché ha in sé qualcosa di diverso dalla materia, ovvero l’anima spirituale immortale che è dotata di intelligenza, trascende il mondo, si chiede il perché delle cose, cerca la luce vera della verità. L’anima umana è dotata di una legge interiore che è la luce della moralità e che gli animali non hanno.

Ad esempio, in base alla legge della moralità un uomo non può uccidere un altro uomo. Per gli animali non è così, non c’è una legge morale che regola questo. Nessun animale si pone il problema di un uccidere un altro animale perché in esso non c’è né l’intelligenza, né la luce della moralità, né tanto meno la libertà di decidere di se stessi.

Questi sono tre aspetti della natura umana che tutti noi sperimentiamo che segnano l’abisso incolmabile che c’è fra l’uomo e l’animale. Senza pensare ad alcune peculiarità dell’essere umano, che proprio perché creato a immagine di Dio è capace di parlare con lui a tu per tu.

Questa grandezza dell’uomo è una costante della storia umana. L’uomo ha sempre colto la sua diversità e la sua grandezza che si sono espresse nelle filosofie, nelle culture…

In tutte le elevazioni umane l’uomo ha espresso quello che ha dentro di sé. Per questo ci appassioniamo a leggere un romanzo o a vedere un film di taglio esistenziale: portano a scoprire le profondità abissali del cuore umano. Come diceva il Manzoni: chi può riuscire a capire quel guazzabuglio che è il cuore umano?

A partire dal fatto che noi siamo un mistero a noi stessi vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti della natura umana che dicono molto della nostra “stirpe regale” (altro che stirpe animale!)

Il primo è la ferita esistenziale. In noi c’è questa ferita che percepiamo in noi stessi. Ad esempio il bambino la percepisce nel momento in cui scopre che c’è la morte nel mondo.

Dentro di noi c’è una ferita che ci fa soffrire e che ci fa essere infelici nella vita. Molti autori lo hanno messo in evidenza, anche autori atei che chiamano questo il male di vivere. Questa ferita esistenziale è scavata proprio nel profondo di noi stessi e non ci lascia mai. Dentro di noi ci sono infatti desideri che non riusciamo a soddisfare, per cui questa ferita esistenziale si acutizza ogni volta. Un desiderio che ci preme dentro è sicuramente quello della felicità assoluta, che non sia un’illusione.

Cerchiamo la felicità, l’immortalità, l’amore vero. Sono aspirazioni che nascono dentro di noi e che hanno origine da questa ferita esistenziale. Vorremmo la comunione, l’amicizia, l’amore ma ci rendiamo conto della precarietà di tutto questo e alla fin fine o abbiamo la grazia di aprirci a Dio o rimaniamo chiusi in noi stessi, ci deprimiamo, ci angosciamo e siamo infelici.

Perché in noi c’è questa ferita esistenziale? Perché cerchiamo la felicità e non la otteniamo? Perché l’uomo è infelice? Questa infelicità ci è dovuta al ricordo che è rimasto nella natura umana di una felicità originaria. Noi siamo stati felici originariamente. C’è stato un tempo in cui la natura umana era felice perché era piena di Dio, del suo amore, della sua luce.

Abbiamo sperimentato una condizione umana in cui non c’erano la sofferenza, la morte, la lotta insita in noi tra anima e corpo. Abbiamo sperimentato una condizione umana di conoscenza della verità, di pienezza del sapere. Questa era la natura umana con i doni soprannaturali che Dio ha dato ai nostri progenitori e che loro stessi hanno perso a causa del peccato originale. Abbiamo ben presente in che condizioni sono usciti dal Paradiso terrestre, come ben li ha raffigurati il Masaccio nella Cappella Brancacci di Firenze: disperati, cupi e pieni di vergogna. Hanno perso tutto! Hanno perso la felicità che Dio aveva dato loro!

Nella natura umana è rimasta insita la traccia di questa felicità originaria, è rimasta questa ferita che ci portiamo appresso. Questa ferita esistenziale dipende dal fatto che la nostra natura umana ha sperimentato la pienezza, la verità, la felicità, l’amore e ha perso tutto perché qualcuno ha sibilato la tentazione di potersi impossessarsi di tutto e di essere lui (l’uomo) Dio al posto di Dio.

Questa ferita esistenziale è quindi una reminiscenza di una felicità originaria e questo ci aiuta a capire la profondità della natura umana che è irriducibile a un pugno di polvere! È un universo inesplorato e inesauribile, da esplorare sempre più.

Questa ferita esistenziale, che è la sofferenza della vita, possiamo riassumerla così: è la ricerca affannosa della felicità che non si realizza mai, passa da illusione a delusione continuamente.

Ci sono però persone che sono felici e serene, nonostante siano anche loro soggette a malattia, vecchiaia, morte, sofferenze, povertà, preoccupazioni. Talvolta si trovano persone felici anche nelle condizioni sociali più disagiate. Perché queste persone sono felici? Forse che in loro non c’è la ferita esistenziale che c’è in tutti noi? Per grazia di fede, queste persone hanno avuto in dono l’unica medicina che guarisce questa ferita esistenziale che tutti ci portiamo, ovvero l’amore di Dio.

L’amore di Dio è qualcosa di vero e di profondo. È lo Spirito Santo che è amore, è missionario, è pellegrinante da cuore a cuore in tutto il mondo, bussa alla porta del cuore per portare l’amore di Dio attraverso il quale porta l’amore del prossimo. Questo amore è la medicina che guarisce la nostra ferita esistenziale originaria.

In questo amore, man mano che lo assimiliamo e guarisce le lacerazioni del cuore, man mano che attingiamo da esso con la preghiera, questa ferita esistenziale scompare e dentro di noi entra la serenità, la pace, la gioia di vivere, il ringraziamento. E dal cuore viene espulsa la rabbia, l’inquietudine, l’insofferenza, la scontrosità. Questi sentimenti hanno radici esistenziali profonde: non siamo felici perché non abbiamo l’amore.

L’unico amore che guarisce è l’amore di Dio.

L’amore del prossimo è certamente importante, ma non deve essere richiesto, bisogna darlo. La Madonna ha detto di dare l’amore che lei dà a noi agli altri. Noi per primi, che abbiamo la grazia dell’amore di Dio che guarisce, dobbiamo dare il nostro amore al prossimo e con questo amore lo aiutiamo a guarire. Allora sì che i cuori si riconciliano, si scambiano l’amore e si vive bene su questa terra.

Questo è l’unico itinerario esistenziale da percorrere se vogliamo vivere una vita felice su questa terra, assaporando un pezzetto di Paradiso.

Mediante la fede e la preghiera riceviamo l’amore di Dio che guarisce la nostra ferita esistenziale che è scaturita dal rifiuto e dalla perdita della felicità e dell’amore di Dio, ma in noi ne è rimasta la nostalgia, il desiderio, la sete d’amore che è il motore della vita.

«Chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete» ha detto Gesù. Dobbiamo dissetarci a Lui, che è la vera fonte. Le altre sono acque che non dissetano.

Da: “La lettura cristiana della cronaca e della storia”