
Pensiero Spirituale sull’attualità del mito della caverna di Platone
Cari amici,
la condizione umana è quella simile a chi è rinchiuso in una caverna oscura dalla quale non ha voglia di uscire, anche se potrebbe farlo. L’uomo potrebbe venirne fuori e andare verso la luce del sole, ma non lo fa perché in fondo sta bene nella caverna, ormai i suoi occhi sono abituati al buio e se escono alla luce del sole si abbagliano.
Questa è la situazione dell’umanità prima di Cristo e anche dopo Cristo, ovvero dopo che lo ha rifiutato. La situazione dell’umanità che era uscita dalla caverna con la venuta del Signore, era entrata nel soprannaturale, rifiutando la fede e la Croce è ritornata nella caverna nella quale ora di trova e cerca di assestarsi, come pipistrelli.
Questa mia riflessione è scaturita dal mito della caverna tratto da uno dei capolavori di Platone, La Repubblica.
Platone, uno dei massimi pensatori di tutti i tempi, cinquecento anni prima di Cristo aveva concepito la condizione umana come quella di chi è chiuso in una caverna.
La grazia di Dio ha sempre abbracciato l’umanità, molti pensatori ne sono stati illuminati anche prima della venuta di Gesù Cristo e non sono stati abbandonati da Dio dopo il peccato originale.
Alcuni personaggi storici sono stati come dei profeti pagani, come ad esempio Melchisedec, i Magi. Si tratta di personaggi che la grazia ha illuminato e condotto alla verità. Platone è uno di questi grandi uomini che ci hanno descritto la condizione umana nella sua prigionia.
Platone ha potuto fare questo grazie al suo grande maestro Socrate, uno dei pensatori più significativi dell’umanità in assoluto. Socrate, a causa delle sue idee, fu costretto dagli ateniesi a bere la cicuta e fu condannato a morte (è proprio a lui che Platone fa riferimento alla fine del racconto).
La caverna è un luogo angosciante, dove i prigionieri, incatenati fin da fanciulli,
scorgono soltanto alcune ombre proiettate sulla parete che sta loro di fronte.
Essi ritengono che le ombre siano l’unica e vera realtà esistente e
non possono immaginare ciò che accade alle loro spalle.
Nella seconda parte del mito, Platone immagina che uno schiavo venga liberato dalle catene e trascinato all’esterno della caverna. Dopo aver scoperto che né le ombre che vedeva quando era incatenato, né gli oggetti portati lungo il muro e proiettati sul muro costituiscono la vera realtà, egli sarebbe abbagliato dalla luce del sole e solo poco per volta imparerebbe dapprima a discernere gli oggetti del mondo autentico e alla fine a guardare direttamente il sole (l’idea somma del bene).
Invece di rimanere a contemplare in solitudine il sole e il mondo reale, cioè il Bene e la verità, lo schiavo liberato decide di tornare nella caverna, per comunicare agli altri prigionieri ciò che ha visto e per aiutarli a liberarsi a loro volta della prigionia. I suoi occhi, però, faticheranno a riadattarsi al buio ed egli sarà deriso dagli altri schiavi, che si convinceranno che la luce esterna gli abbia rovinato gli occhi e quindi non gli crederanno. E alla fine, infastiditi dal suo tentativo di scioglierli e di portarli alla luce del sole, lo uccidono.
Questo è il mondo nel quale noi viviamo: ovvero siamo rinchiusi in una buia caverna, la condizione umana è proprio questa.
Si tratta di un’intuizione sollecitata dalla grazia che indica, appunto, che la condizione umana è una condizione di prigionia, di tenebra, di sofferenza, di schiavitù. La condizione umana è miserevole, ma il Verbo che si è fatto carne nel grembo della Vergine Maria ha assunto la condizione umana, è venuto come uomo in mezzo a noi.
La luce è venuta fra gli uomini ma le tenebre non l’hanno accolta. Così, il Figlio di Dio che è venuto a liberare l’umanità dalla caverna è stato ucciso. Nella Crocifissione da lui subita per amore, ha redento gli uomini dal peccato, li ha liberati dalla schiavitù della morte, è Risorto glorioso e ha dato loro la possibilità di diventare figli di Dio, di uscire dall’immanenza, dal soffocamento della finitezza.
Questo annuncio di Cristo risorto, che ci ha liberato dalla caverna (ovvero la condizione umana soggetta alla sofferenza, alla morte, all’ignoranza, alla cattiveria), è quello che l’umanità ha accolto nella predicazione degli Apostoli e ha permesso al cristianesimo di conquistare l’Impero Romano e di diffondersi in tutto il mondo.
Il fatto nuovo del tempo nel quale viviamo, ovvero l’attacco e la demolizione del cristianesimo (la reazione di quelli che sono nella caverna e irridono Colui che è venuto a liberarli e lo ammazzano), ha origine due-tre secoli fa in Europa.
Questo attacco alla fede è sfociato nel modernismo, nell’apostasia degli ultimi cinquant’anni.
La gente oggi ha una visione della vita di questo tipo: cerca di star bene su questa terra perché poi non si sa cosa ci sarà. Si accumula denaro, potenza, ricchezze terrene, senza pensare all’eternità.
Gli uomini si sono disfatti della visione cristiana della vita, che è un cammino verso la trascendenza.
Si muore senza preghiera, senza trascendenza, senza chiedere perdono per i peccati. Le eccezioni sono pochissime! Gli uomini non sono più orientati all’eternità. Si parla poco anche in chiesa di questo.
La caverna ci ha risucchiati tutti dentro. Quelli che guardano oltre il cerchio della finitezza sono una piccola minoranza.
Eppure Cristo Risorto è venuto per liberarci!
Esiste un altro mondo al di fuori della caverna. La caverna non è tutto, è un alloggio precario. Come si esce dalla caverna? Con la fede, che è una grazia immensa. Con la fede vediamo la luce, vediamo l’onnipotenza di Dio. La fede è come un fiore che va bagnato ogni giorno. Grazie alla fede entriamo nel mondo di Dio. La fede non è solo una grazia, è una risposta.
La fede deve essere alimentata ogni giorno, diversamente veniamo risucchiati nell’abisso.
La fede conserva la sua luminosità e non si spegne grazie alla preghiera. Con la preghiera usciamo dalla caverna, alimentiamo la fede, conosciamo Dio, apriamo il cuore al suo amore e entriamo in un altro mondo. Con la fede già qui su questa terra possiamo vivere una parte di Paradiso.
Siamo stati risucchiati nella caverna perché non abbiamo più pregato, abbiamo smesso di credere in Gesù Cristo.
Le tenebre ci hanno afferrati e risucchiati.
Cari amici, state meglio adesso che avete smesso di pregare e vivete nella caverna in mezzo a serpi e scorpioni e lontani dalla luce di Dio o la vostra vita era migliore prima, nell’amore di Dio, nella sua luce, con la grazia della fede alimentata dalla preghiera?
Da: “La lettura cristiana della cronaca e della storia”